domenica 7 marzo 2010

Scienza della decisione - Teorie normative e descrittive


Normalmente non sembra esserci una piena consapevolezza esplicita dei principi guida dell’agire. Tra il detto e l’agito, cioè tra le conoscenze procedurali implicite e il livello introspettivo cosciente si instaura spesso una incongruenza palese. “La discrepanza tra ciò che sappiamo e quel che facciamo è il paradosso fondamentale della razionalità. Da un lato siamo in grado di comprendere i principi della razionalità – i canoni della logica e del calcolo probabilistico. D’altro lato, non riusciamo a vivere alla loro altezza. La soluzione del paradosso è semplice: comprendere i principi è un problema trattabile, seguirli non lo è (p. 122, Johnson-Laird 2008). L’essere umano razionale è il risultato di un lungo processo adattivo che ha evidenziato però in termini prestazionali dei limiti strutturali e dei costi. Fino a poco tempo fa era prassi comune di buona parte delle impostazioni etiche e economiche moderne far derivare i loro assiomi affidandosi alle sole risorse di un operatore razionale capace di ricavare i principi guida dell’agire e della volontà a partire dalla massimizzazione dell’utilità e del valore atteso. Secondo queste teorie, la razionalità della decisione dipendeva dalla scelta migliore, quella ideale, desumibile esperienzialmente da indici statistici previsionali ritenuti tutto sommato controllabili. Così, tali valori ideali ricavati “scientificamente” si pensava potessero essere assunti anche come indici prescrittivi. Poi, però, per giustificare le idiosincrasie e gli errori di valutazione rilevati nelle scelte reali rispetto le attese previste, molte di queste teorie hanno dovuto postulare l’esistenza di un deficit volitivo residuale, non senza cadere però entro una certo paradossale autoreferenzialità. Tali contraddizioni erano più il frutto dell’idea, condivisa per circa duemilacinquecento anni da certo pensiero occidentale e di recente da una parte della psicologia cognitiva novecentesca, che il pensiero umano dovesse seguire le regole della logica formale e fosse relativamente poco influenzabile nei suoi risultati dagli effetti dovuti al contesto o al contenuto semantico delle proposizioni. Secondo tale logica definita mentale dovevano essere più rilevanti le relazioni formali, sintattiche e grammaticali rispetto a quelle dovute alla semantica o alla pragmatica. Accanto a queste teorie normative della scelta razionale si sono affiancate in seguito delle teorie più descrittive e meno impositive. Queste, in linea con un profilo meno prescrittivo, hanno preferito fondarsi più sulla constatazione empirica dell’andamento delle decisioni operate dagli individui reali, spesso esplicitamente in contraddizione con le aspettative dei modelli ideali appena menzionati. Vuoi perché nella realtà ci si trova ad affrontare situazioni in cui è difficile reperire tutte le informazioni necessarie per una scelta ponderata, vuoi perché lo stesso soggetto cade sistematicamente in errori di valutazione che lo sviano dai normali percorsi logici decisionali. Appurato che la soluzione migliore sembra essere difficilmente disponibile, si è piuttosto constato la prevalenza di strategie valoriali minimaliste in cui si preferisce arrivare a certi compromessi magari per alleviare la dissonanza cognitiva o lo stress decisionale. Se i modelli normativi tenevano in considerazione l’utilità o il valore atteso secondo dei riferimenti logici, ideali, i nuovi approcci descrittivi preferiscono prendere in considerazione altre modalità di categorizzazione e processazione dell’informazione basandosi più su dei modelli euristici caratterizzati da una razionalità debole. Questa nuova psicologia postmoderna ritiene che i processi inferenziali logici non sembrano essere una competenza immediata di facile acquisizione e utilizzo. Inoltre, richiedono spesso doti di concentrazione e uno sforzo mentale che difficilmente si addicono alla rapidità con cui vengono prese le decisioni quotidiane. Di fatto, nella realtà, ci si scopre essere influenzati più da una serie di parametri poco razionali, quali le credenze, le proprie emozioni, l’influenza del contesto, i desideri. Inoltre va aggiunto che, più delle volte, le informazioni per giungere a una scelta ponderata, oltre a essere limitate, sono anche ambigue percettivamente parlando. In questi casi, la categorizzazione della realtà presuppone necessariamente un elevato livello di interpretazione disambiguante fino a una vera e propria ristrutturazione creativa dei dati sensibili da parte di un osservatore esposto sia all’influenza delle regole sociali (vedi ad esempio la teoria dei giochi e anche l'influenza di una predisposizione naturale mimetica) che al proprio particolare variabile punto di osservazione (come rivelato ad esempio nei pionieristici esperimenti della psicologia gestaltica). Così, non ci può sottrarre dalla constatazione che qualsiasi decisione è frutto di un'operazione riduzionistica per questo esposta alla possibilità di andare incontro a frequenti errori (biases) di valutazione a volte anche grossolani.

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